Commemorazione 25 aprile 2020 – Fiom Leonardo
Quest’anno non ci sarà possibile commemorare il giorno della liberazione dal fascismo e dal nazionalsocialismo nelle modalità consuete sul piazzale aziendale.
Non potremo rendere omaggio ai deportati della nostra fabbrica, la cui vita una mattina, recandosi al lavoro, venne calpestata dalla violenza fascista e nazista.
Lo faremo per iscritto.
Lapidi commemorative all’ingresso della palazzina San Giorgio.
Vecchie superstizioni politiche, che perpetrano la divisione dell’umanità, aleggiano in questi anni e in questi giorni, diffuse da ideologi, sociologi, giornalisti, politici, “opinionisti”, industriali, sempre pronti ad aizzare contro gli altri popoli, indicando le motivazioni in brandelli malfermi di verità. Sono le superstizioni dell’odio, del razzismo, della xenofobia, del nazionalismo, del senso comune, dei professionisti del sentito dire, che muta in buon senso.
Il 25 aprile è sicuramente una data rilevante nella storia nazionale, ma relegare la resistenza entro i confini di uno stato, o anche solo entro gli avvenimenti della seconda guerra mondiale, significa non coglierne il respiro necessariamente internazionale e facilita l’insoddisfacente e semplicistica distorsione in cui vengono addossate colpe esclusivamente a un malvagio straniero di turno da parte della “brava gente”.
Riportiamo qui di seguito alcune veloci note su alcuni eventi significativi, talvolta poco conosciuti e appositamente taciuti dalla retorica nazionale (il proprio passato può risultare talvolta poco edificante), limitandoci purtroppo a nostra volta, solo per necessità di sintesi:
È del ‘22 la cosiddetta “marcia su Roma”, non dispersa dal re. Quest’ultimo invece incontra Mussolini e gli conferisce l’incarico di formare un governo, che riceverà il voto di fiducia di un ampio fronte parlamentare (partito liberale e popolare compresi).
Nel ‘26 il fascismo scioglie i partiti di opposizione e ripristina la pena di morte. Inizia quindi la sistematica persecuzione degli esponenti del movimento operaio, anarchici, comunisti, socialisti. È già resistenza.
In Germania il 30 gennaio ’33, giorno in cui Hitler diviene democraticamente cancelliere, il partito comunista proclama lo sciopero generale. È resistenza.
Nel ‘34 il cancelliere austriaco Dollfuss emana la nuova costituzione autoritaria e corporativa ispirata a quella fascista.
Nel ‘35 l’Italia fascista dichiara guerra all’Etiopia. Si aprono i fronti eritreo e somalo.
Nel maggio/giugno ‘33 in Germania vengono soppresse le organizzazioni sindacali e vengono trucidati gli oppositori socialisti e comunisti.
Sono del ‘35 le leggi razziali in Germania, del ‘38 in Italia.
Nel ‘36 un contingente italiano fascista di cosiddetti volontari sbarca in Spagna in appoggio a Franco, ma proprio in Spagna contro di essi combattono antifascisti volontari internazionalisti provenienti da tutti i paesi, Italia compresa. È ancora resistenza.
Guerra civile spagnola – La generosa Resistenza internazionale viene stroncata dal fascismo.
Dal ‘38 iniziano le invasioni naziste, che trovano facile successo sia per superiorità industriale/bellica sia per vero e proprio collaborazionismo politico, se pur parziale e in diverse gradazioni: Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Danimarca, Norvegia, Lussemburgo, Olanda, Belgio, Francia, Romania, Bulgaria, Creta, URSS.
È del ‘39 il “patto d’acciaio” tra Germania nazista e Italia fascista. Ancora del ‘39 è il patto di non aggressione tra Germania nazista e Russia stalinista, che di fatto sancisce la spartizione della Polonia, la cui invasione, da parte tedesca, innesca la seconda guerra mondiale.
1939 Molotov firma il patto di non aggressione
1939 I ministri Ciano e Ribbentrop si incontrano per la firma del patto d’Acciaio
Nel ‘39 le truppe italiane invadono l’Albania, di cui Vittorio Emanuele III assume la corona.
A maggio del ‘40 inizia l’invasione nazista della Francia. Parigi cade. A giugno il governo italiano dichiara guerra alla Gran Bretagna e alla Francia. A ottobre inizia la collaborazione Pétain-Hitler. Hanno inizio anche in Francia le persecuzioni razziali.
1940 Piazza Venezia – Annuncio della dichiarazione di guerra alla Gran Bretagna e alla Francia
Nel ‘41 l’esercito tedesco e quello italiano, se pur del tutto inadeguato, invadono la Grecia e la Jugoslavia, dove l’esercito fascista verrà impegnato sino al ‘43 dalla resistenza locale.
Nel ‘41 inizia anche l’invasione tedesca dell’URSS. Il governo italiano si dichiara in guerra con l’URSS e vi invia le proprie truppe a morire, male equipaggiate, nei rigori dell’inverno ‘42-’43.
Nel ‘41 il governo italiano fascista dichiara guerra agli Stati Uniti d’America.
Nel ‘42 truppe tedesche e italiane entrano nella Francia libera e sbarcano in Tunisia.
A Berlino e Amburgo i gruppi di resistenza comunisti vengono duramente repressi. Saefkow, Jacob e Bästlein ristabiliscono quindi una delle più grandi organizzazioni di resistenza tedesca nella fese finale del regime, composta soprattutto da operai e impiegati. La base era costituita da gruppi illegali in oltre 70 aziende, soprattutto del settore bellico. In molti pagano con la vita. Il programma è sintetizzato nella formula “Basta con Hitler – Mettere fine alla guerra!”
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Saefkow 1903-1944 | Jacob 1906-1944 | Bästlein 1894-1944 |
Tra il ‘42 e il ‘43 si consuma, principalmente in Baviera, l’esperienza della resistenza cattolica degli studenti universitari del gruppo della Rosa Bianca, le cui giovani vite sono nuovamente recise a colpi di ghigliottina.
Nel ‘43 (e poi nel ‘44) avvengono grandi scioperi politici nelle fabbriche del nord Italia contro la fame, il fascismo, la guerra e la repressione antioperaia.
È del ‘43 l’arresto di Mussolini. Il re nomina Badoglio presidente del consiglio e prosegue la guerra assumendo il comando delle forze armate. Viene sciolto il partito nazionale fascista. Non viene ripristinata la libertà di stampa e viene comunque ostacolata la ripresa della vita politica. I partiti di opposizione richiedono la fine della guerra. Viene firmato l’armistizio. Il re e il governo fuggono. Le truppe della Germania nazionalsocialista occupano il territorio dell’ex alleato e appoggiano la cosiddetta repubblica di Salò, dove il maresciallo Graziani ricostituisce quattro divisioni armate addestrate dai nazisti, inviandole nel ‘44 in Liguria.
Nel ‘43 il governo Badoglio si dichiara in guerra contro la Germania.
Tra il ‘43 e il ‘44 avvengono i rastrellamenti fascisti e nazisti contro le formazioni partigiane e nelle fabbriche (San Giorgio di Sestri Ponente compresa) contro gli operai in sciopero. La “repubblica sociale italiana” emana il decreto che prevede la pena di morte per gli appartenenti alle bande armate e per i loro favoreggiatori.
Insomma, lo stesso fuoco e il sangue della furia fascista e nazista e la guerra non potevano che innescare in tutte le nazioni quella generosa opposizione, che chiamiamo Resistenza. Il 25 aprile italiano ne è sicuramente un importante episodio.
Facciamo però qui di seguito dichiarare il carattere internazionale di tale movimento a chi ne ha ben più diritto: ad alcuni cioè di coloro che portarono alle estreme conseguenze il proprio ideale, che fece apparire loro chiaro, proprio attraverso il loro stesso sacrificio, la possibilità concreta di una umanità nuova, internazionale. Nelle loro toccanti parole si trova lo sprone a proseguirne la coraggiosa lotta.
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Rudolf Seiffert. Anni 36. Idraulico alla Werner Siemens-Werke. Nato a Berlino nel 1908. Comunista. Alla vigilia del 1° Maggio ‘29 gli viene sparato a bruciapelo un colpo d’arma da fuoco da un poliziotto. Per questo perderà una gamba. Membro del gruppo Saefkow-Jacob-Bästlein viene arrestato dalla Gestapo nel ‘44. Processato e decapitato nel ‘45. |
Cara Hilla, cari bambini,
si affacciano tempi grandiosi. Una nuova era della storia sta per irrompere sull’Europa […] la Germania vuole difendersi da una necessità storica. Più tardi, quando un tratto di questa via, penso, sarà stato percorso, di’ ai nostri figli che il loro padre è stato giustiziato per questo. Da un sistema brutale che si oppone al progresso con tutte le sue forze. Da un sistema che non stimava la vita umana, ma solo le leggi del profitto. Quando i nostri figli saranno più grandi e in grado di pensare da soli, capiranno che il mio sacrificio non è stato vano. […] I nostri figli potranno poi costruire un mondo quale il loro padre aveva immaginato nella lotta. E anche questa sarà una dura lotta […] È il più grande compito che mai si sia posto all’umanità. Che cos’è la vita di un uomo di fronte al raggiungimento di un fine così grandioso? Così mi avvio alla ghigliottina diritto e sereno il vostro padre. |
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Hedy Urach. Anni 32. Sarta. Nata a Vienna nel 1910. Militante comunista dall’adolescenza. Dopo lo scioglimento del partito lavora clandestinamente già dal ‘34 contro l’austrofascismo. Ghigliottinata nel ‘43 a Vienna.
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Miei cari,
se il destino dovesse decidere che io debba andarmene cinque minuti prima delle dodici, allora, o miei cari, il mio saluto a voi e tutto il mio infinito amore per il bello e il buono. Mammina mi comprenderà appieno, ora che ci troviamo alla grande messa a punto, e capirà come io porti con fiera consapevolezza le conseguenze della mia esistenza. Il mio grande orgoglio è di essere figlia di tali genitori, che hanno destato in me il sentimento per il bello e il buono, e la grande comprensione per la vita, quella vita di cui il mio amatissimo papà è stato il più perfetto modello. Non rattristatevi, è stato soltanto richiamato un soldato di una giusta causa. Il mio amore appartiene a voi, a voi e alla classe lavoratrice, di cui sono fiera di essere figlia e parte di quello strato meraviglioso del popolo donde deriva la vita. La consapevolezza del completo adempimento rende facile l’oscuro cammino e vorrei che questa coscienza vi sia di aiuto e di consolazione. […] Io stessa sono fiera che durante il processo la Gestapo abbia rilevato come elemento aggravante la mia taciturnità e che sia stata condannata soltanto in base alla legge eccezionale. […] Tutto il mio amore per il nonno, tutta la mia vita per lui. Credo che potrà essere fiero di me, non l’ho deluso, perché ho dato tutto ciò di cui ero capace, per la sua vita. A voi, cari genitori, e a te, Lois, ancora una volta i miei ultimi, caldi ringraziamenti e la mia fede incrollabile nella vittoria dei diritti della classe lavoratrice. Salutatemi la libertà e tutti i miei cari. Hedy |
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Misaak Manouchian. Anni 38. Immigrato in Francia. Giornalista e poeta. Nato a Adiyaman (Armenia Turca, all’epoca Impero Ottomano) nel 1906. Figlio di un combattente caduto nella lotta del popolo armeno contro le persecuzioni turche. Si unisce alla resistenza coi Franchi Tiratori Partigiani degli immigrati della regione parigina, di cui diventa capo. Militarono nel FTP degli immigrati uomini ungheresi, rumeni, ebrei, polacchi, italiani, spagnoli e armeni. Giustiziato nel ‘44. |
Mia cara Méline,
mia orfanella beneamata, fra qualche ora non sarò più di questo mondo. Saremo fucilati questo pomeriggio alle quindici. Ciò mi capita come un incidente nella vita: non ci credo, eppure so che non ti vedrò mai più. Cosa posso scriverti? Tutto in me è confuso e allo stesso tempo chiaro. Mi ero arruolato nell’Armata della liberazione quale soldato volontario, e muoio a due palmi dalla vittoria e dalla meta. Felicità a coloro che ci sopravvivranno e gusteranno la dolcezza della libertà, della pace di domani. Sono sicuro che il popolo francese e tutti i combattenti della libertà sapranno onorare degnamente la nostra memoria. Al momento di morire, proclamo che non porto alcun odio verso il popolo tedesco… Ciascuno avrà ciò che si merita, come punizione e come ricompensa. Il popolo tedesco e tutti i popoli vivranno in pace e in fraternità dopo la guerra che non durerà più a lungo. Felicità a tutti! Ho il profondo dispiacere di non averti resa felice. Avrei ben voluto un bambino da te, come tu sempre volevi. Ti prego dunque senz’altro di sposarti, dopo la guerra, e di avere un bambino per adempiere alla mia ultima volontà. Sposa qualcuno che possa renderti felice. […] Con l’aiuto degli amici miei che vorranno «onorarmi» farai pubblicare i miei poemi e i miei scritti … Porterai i miei saluti, se possibile, ai miei parenti in Armenia. Morirò fra poco insieme ai miei 23 compagni, con il coraggio e la serenità di un uomo che ha la coscienza ben tranquilla. Oggi c’è il sole. È guardando al sole e alla natura che ho tanto amato che dirò addio alla vita e a voi tutti […] Vi stringo tutti al cuore, addio. Tuo amico, tuo compagno, tuo marito. Michel Manouchian |
Pietro Benedetti. Anni 41. Ebanista. Nato ad Atessa (Chieti) nel 1902. Militante del partito comunista d’Italia sin dall’anno della fondazione nel ‘21. Arrestato dalla squadra politica della questura di Roma nel suo laboratorio di ebanista e tradotto alle carceri Regina Coeli. Processato e giustiziato per fucilazione nel ‘44. |
Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio, miei cari amati figli, forse io non sarò più fra i vivi. Questa mattina alle 7 […] sentii chiamare il mio nome. […] Una guardia aprì la porta della mia cella […] Discesi, trovai un poliziotto che mi attendeva […] e mi accompagnò al Tribunale di Guerra […] Conoscevo già quella triste casa per aver avuto un altro processo il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il comando tedesco il quale mandò l’ordine di rifare il processo. Così il processo, se tale possiamo chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e finì con la mia condanna alla fucilazione. Il giorno stesso ho fatto domanda di grazia, seppure con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo momento d’addio alla vostra povera mamma e a voi, miei cari disgraziati figli. Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre […] Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli. Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita. Forse, se tale è il mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte. |
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Willem Robert Douma. Anni 24. Impiegato comunale ad Amsterdam. Nato ad Amsterdam nel ‘18. Socialista. Arrestato nel ‘41. Fucilato nel ‘43. |
Cari genitori, Rie e Dirk, anche Piet e Jan, Greet e altri amici,
ecco la mia ultima lettera. Stamani siamo stati trasportati da Vught a Utrecht e lì ci venne comunicato che nel pomeriggio alle 2 saremmo stati fucilati. Con orgoglio posso dirvi che tutti, ricevendo quella terribile notizia, siamo stati calmi e senza paura. Ora sono già quasi le 12. Ancora poche ore dunque e tutto sarà finito. Finito? Non lo so, ma allora lo saprò. Saprò realmente se esiste una migliore vita dopo questa. In fondo non ha neanche tanta importanza. È molto, molto peggio per te, mamma, e per te, papà, e per la mia cara sorella Rie e per il fratellino Dirk. Ma ricordate sempre e trovate molta consolazione nella certezza che siamo morti in un modo degno dei nostri ideali: calmi e senza paura. Ognuno deve morire, dunque anch’io. A che giova lamentarsi? […] C’è qui intorno a me gente che ha moglie e figli. Non è molto peggio per loro? Ma anch’essi tengono la testa alta. […] Non è vero che la mia vita è stata bella? Sì! Posso dire coi miei 24 anni: ho concluso qualche cosa, ho fatto qualche cosa per contribuire a rendere un po’ migliore il mondo secondo la mia convinzione. Ho contribuito a formare dei giovani e a farne della personalità. Meglio aver vissuto 24 anni con la certezza di aver concluso qualcosa di buono, che vivere per 80 anni una vita noiosa e monotona. Cari vecchi genitori miei, mamma e papà mio fedeli, è duro, ma che questa sia la vostra consolazione. Addio mamma, papà, Rie, Dirk, Piet, Jan, Greet e tutti gli altri, coraggio e non piangete! Addio! Per tutta l’eternità, vostro Robbi |
Oggi sappiamo che gli ideali di quegli uomini si infransero sullo scoglio di una nuova spartizione del mondo a Yalta, ma la loro esperienza rimane patrimonio collettivo del movimento internazionale dei lavoratori e quindi dell’intera umanità.
1945 Conferenza di Yalta – La nuova potenza americana e la Russia stalinista si spartiscono il mondo piegato nella cenere della guerra.
Scarica articolo in pdf: 25Aprile 2020 Leonardo